Sono ormai 20 giorni che non si parla d'altro: il V-day (come italianamente indichiamo l'evento, in luogo del salutare, liberatorio VAFFANCULO Day, peraltro maggiormente aderente alla relatà storica dell'evento).
Mi vengono spontanee due domande: 1) girano mail di reclutamento per il VAFFANCULO Day da mesi. Ma per davvero nessun giornalista o politico ci aveva fatto caso?; 2) ma in fondo che significa VAFFANCULO Day?
Provo ad abbozzare una risposta:
1. Tutti lo sapevano, ma molti speravano (o semplicemnte pensavano) fosse una bufala effimera ed autodistruttiva. Se penso il contrario, e mi immagino giornalisti e politici a bocche serrate, intenti in macumbe e gufamenti (degni del derby) mi demprimo e, quindi, preferiscono non crederlo. Anche se, a ben pensarci... non è che in Italia l'acume politico e/o giornalistico sia così realmente ... acuminato!
2. Questa invece è più tosta. VAFFANCULO Day significa che qualcuno (o molti) si è talmente rotto le palle da dedicare almeno una giornata intera a mandare affanculo qualcun'altro (o svariati altri). Ma se è così la domanda successiva diventa: ma perché e come mai questo qualcuno si è rotto le palle? E visto che i signori Qualcuno sono alcuni milioni capirete che la domanda non è di poco momento. E' vero; spesso ci rompiamo letteralmente i coglioni a sentire 'sti coglioni recitare coglionate! Ma se il rappresentante è degno del rappresentato ed, in fondo la società si specchia nella classe politica, non sarà pericoloso accusare di coglionaggine tutti sti coglioni con il rischio di un mirror-effect? Quanto coglioni siamo noi nel segreto dell'urna (dove Stalin non arrivava, ma Dio notoriamente si e sempre!)?
Se a tutto questo aggiungete che, in una storia così strampalata, la questione diventa politica (peggio: politologica), sociale (peggio: sociologica), di costume [peggio: costumologica (ma che cazzo significa?)], personale (peggio: personologica - firmato C.L.) e che per tale prisma di effetti il portatore sano di un numero di deleghe, in rappresentanza popolare pressocché pari allo zero per cento (che come premio perciò assurge al vertice amministrativo del paese), pensa di poter dire che questa è la manifestazione del ritorno alla vera politica, allora capite da voi che non resta molto alla riflessione.
Ma la politica non era capacità di mediare; arte del compromesso ecc. ecc. bla, bla, bla!
Meglio associarsi: buon VAFFANCULO a tutti!
martedì 16 ottobre 2007
Grillo, cavallette, locuste ed altri ameni animali!
martedì 21 agosto 2007
Fine Agosto: vacanze finite? Ma quando mai.
Per tutti i rosiconi in città: io sto ancora al mare!
Presto rientrerò anch'io a lavorare ...e forse anche a scrivere!
Presto rientrerò anch'io a lavorare ...e forse anche a scrivere!
sabato 21 luglio 2007
Cap. II "Niente Speranze"
Terribile e dura.
Così era stata quella giornata di udienza per Uranio. Si, Uranio. Questo era il nome che aveva avuto in sorte; e sempre ricordava il ghigno, quasi malefico, del padre quando guardandolo gli diceva: "potrai scordarti di me, figliolo mio? io non credo."
Intanto il sole calava lento, ma inesorabile; ed il primo accenno di frescura serale sembrava promettere il sonno, almeno per quella sera. La stanchezza avrebbe fatto il resto.
Il blindo lo condusse a sirene aspiegate (ma perché?) attraverso una città stanca, ma frenetica per il rientro a casa dove bambini, mogli o fornelli sporchi aspettavano tutte quelle formichine.
Sentiva un lieve tanfo provenire dal sedile rigido sula quale era costretto: era il sudore stantìo dei mille che prima di lui erano stati ricondotti all'ovile, dopo altrettante giornate dure e terribili di udienza. Ma in quel tanfo percepiva nettamente una pur flebile gioia; di quei pochi, anzi pochissimi tra i mille, cui la giornata aveva arriso, complice il peso sulle spalle del peritus della carezza di una moglie, del sorriso di un figlio o semplicemente della gaiezza per una malefatta andata a buon fine.
Poco tempo ci volle che il frastuono andò placandosi, sostituito lentamente dal rombo sporadico di vetture di passaggio, fino allo stridìo di quei freni accompagnato, subito dopo, dal cigolare lento e mastodontico di un enorme cancello automatico: si apre la porta e chiude fuori il resto del mondo.
Dal blindo, al passaggio, alla cella: un attimo. Le parole di saluto e le richieste di quelle ombre intorno a lui, inframmezzate da ordini stupidi gridati stupidamente da stupidi esseri. Solo questo non capiva: perché uno stupido che sa di esserlo, fuori dal contesto, non si sente più tale!
Giunse nella cella, si sedette un poco a riordinare le idee ed ebbe il tempo che volle, senza interruzioni.
"Uranio, c'ho sapete, è 'n pò matto; o devi lascià 'n pace, quanno che decide che deve da pensà. Ma che c'avrà da pensà poi? fatte 'a galera e falla finita no!"
Uranio sorrise, percependo distintamente il pensiero del compagno di cella. Chissà che faccia farebbe se sapesse che ogni suo pensiero è proiettato sul muro della cella ed è chiaramente leggibile per Uranio, quasi la pagina nitida di un libro (di un libriccino, in verità)...
Così era stata quella giornata di udienza per Uranio. Si, Uranio. Questo era il nome che aveva avuto in sorte; e sempre ricordava il ghigno, quasi malefico, del padre quando guardandolo gli diceva: "potrai scordarti di me, figliolo mio? io non credo."
Intanto il sole calava lento, ma inesorabile; ed il primo accenno di frescura serale sembrava promettere il sonno, almeno per quella sera. La stanchezza avrebbe fatto il resto.
Il blindo lo condusse a sirene aspiegate (ma perché?) attraverso una città stanca, ma frenetica per il rientro a casa dove bambini, mogli o fornelli sporchi aspettavano tutte quelle formichine.
Sentiva un lieve tanfo provenire dal sedile rigido sula quale era costretto: era il sudore stantìo dei mille che prima di lui erano stati ricondotti all'ovile, dopo altrettante giornate dure e terribili di udienza. Ma in quel tanfo percepiva nettamente una pur flebile gioia; di quei pochi, anzi pochissimi tra i mille, cui la giornata aveva arriso, complice il peso sulle spalle del peritus della carezza di una moglie, del sorriso di un figlio o semplicemente della gaiezza per una malefatta andata a buon fine.
Poco tempo ci volle che il frastuono andò placandosi, sostituito lentamente dal rombo sporadico di vetture di passaggio, fino allo stridìo di quei freni accompagnato, subito dopo, dal cigolare lento e mastodontico di un enorme cancello automatico: si apre la porta e chiude fuori il resto del mondo.
Dal blindo, al passaggio, alla cella: un attimo. Le parole di saluto e le richieste di quelle ombre intorno a lui, inframmezzate da ordini stupidi gridati stupidamente da stupidi esseri. Solo questo non capiva: perché uno stupido che sa di esserlo, fuori dal contesto, non si sente più tale!
Giunse nella cella, si sedette un poco a riordinare le idee ed ebbe il tempo che volle, senza interruzioni.
"Uranio, c'ho sapete, è 'n pò matto; o devi lascià 'n pace, quanno che decide che deve da pensà. Ma che c'avrà da pensà poi? fatte 'a galera e falla finita no!"
Uranio sorrise, percependo distintamente il pensiero del compagno di cella. Chissà che faccia farebbe se sapesse che ogni suo pensiero è proiettato sul muro della cella ed è chiaramente leggibile per Uranio, quasi la pagina nitida di un libro (di un libriccino, in verità)...
Arieccolo!
E' passato molto tempo dall'ultimo post. Ma in fondo il Blog è un diario ed uno scrive quando ha tempo e se vuole. Ora mi domando: non volevo scrivere o non avevo tempo? Non lo so, ma non credo che la risposta modificherebbe la Teoria Generale di Massimi Sistemi.
In ogni caso ora ho voglia e tempo per scrivere e, dunque, scrivo.
Volevo riflettere su di una cosa: a volte (anzi la maggior parte delle volte) imposto intere porzioni della mia vita cercando di migliorare la mia posizione (economica, spirituale, sociale o semplicemente scheletrica) e nonostante gli sforzi profusi non riesco ad ottenere il risultato sperato. Altre volte invece, senza un impegno così pervicace, arrivo a traguardi insperati (o almeno credo). Allora mi domando: è per davvero tutto un caso, oppure a qualcosa l'azione serve.
Oggi mi pare di poter dire che alla base di una modificaizone esterna (quale che sia) c'è sempre un atto od una serie di atti, che la hanno prodotta. Ma il problema resta per intero: l'atto, a volte, anzi spesso, non indirizzato a quel risultato, può dirsi atto consapevole? e se non lo è, non può essere invece annoverato alla categoria dei meri fatti?
Insomma, in sintesi estrema mio nonno diceva: "Fa beni e scordati, fa mali e guardati!"
In ogni caso ora ho voglia e tempo per scrivere e, dunque, scrivo.
Volevo riflettere su di una cosa: a volte (anzi la maggior parte delle volte) imposto intere porzioni della mia vita cercando di migliorare la mia posizione (economica, spirituale, sociale o semplicemente scheletrica) e nonostante gli sforzi profusi non riesco ad ottenere il risultato sperato. Altre volte invece, senza un impegno così pervicace, arrivo a traguardi insperati (o almeno credo). Allora mi domando: è per davvero tutto un caso, oppure a qualcosa l'azione serve.
Oggi mi pare di poter dire che alla base di una modificaizone esterna (quale che sia) c'è sempre un atto od una serie di atti, che la hanno prodotta. Ma il problema resta per intero: l'atto, a volte, anzi spesso, non indirizzato a quel risultato, può dirsi atto consapevole? e se non lo è, non può essere invece annoverato alla categoria dei meri fatti?
Insomma, in sintesi estrema mio nonno diceva: "Fa beni e scordati, fa mali e guardati!"
giovedì 7 giugno 2007
Attenuanti generiche.
Udienza di appello. Suono della campanella. Entra la Corte. Convenevoli. Intervento del Procuratore Generale. Parola alla difesa.
L'avvocato, schiarendo la voce baritonale, declamò: "Illustrissimo signor presidente, eccellenze della Corte! innanzitutto vi porto i saluti della mia bella Napoli."
"La Corte la ringrazia molto illustre avvocato. Lei osserva, come sempre, la proverbiale cordialità partenopea. "
Il difensore sistemò la toga sulle spalle, cambiò posto ad alcune carte sul suo tavolo e, con elegante inflessione d'accento, proseguì: "Presidente, io porgo a Lei ed alle Eccellenze al suo fianco i saluti della mia bella Napoli!"
Il presidente, con un primo impercettibile disagio, si assestò sullo scranno, guardò fugacemente con aria interrogativa i Colleghi della Corte e disse: "Grazie avvocato, grazie. Ma ora proceda pure, la ascoltiamo".
"Grazie a lei Presidente" disse il difensore, aprendo distrattamente un codice poggiato sul banco e richiudendolo di colpo, senza aver letto nulla. Rassettò ancora un pò i fogli del suo fascicolo, poi disse: "A lei, Presidente, ai Signori della Corte, ed anche Lei signor Procuratore Generale, io mi onoro di porgere i saluti della mia bella Napoli!"
Il Presidente, tra lo stizzito, il perplesso ed il dubbioso, scambiatesi loquaci occhiate tanto con i Giudici a latere quanto con il Procuratore Generale, da ultimo chiamato in causa, disse e stavolta con tono secco: "Avvocato, abbiamo capito. Prosegua con l'illustrazione della tesi difensiva!"
Senza minimamente scomporsi, il Difensore, voltandosi fugacemente verso la platea, di cui ormai aveva saldamente calamitato l'attenzione, trasse alcuni documenti dalla sua borsa professionale e, assunta una mimica facciale assai seria, proseguì: "Mi rivolgo a questo Autorevolissimo Consesso a cui, per prima cosa, devo porgere i saluti della mia bella Napoli!"
Il Presidente saltò sulla sedia, corrugò la fronte sbalordito e, certo ormai trattarsi di un palese dileggio per i Giudici, sbottò: "Avvocato, la Corte ha capito! Io la diffido dal proseguire con il prendersi gioco di noi! Lei sta pericolosamente sfiorando l'oltraggio a Magistrati in udienza! La smetta e prosegua, ammesso cha abbia qualcos'altro da aggiungere!" I Giudici a latere ed anche il Procuratore Generale, annuivano vistosamente e mostravano, con un certo sussiego, quell'aria di superiorità che talvolta solo una toga sulle spalle può consentire.
Di contro, man mano che il Presidente parlava, si disegnò progressivamente sul volto del difensore un sorriso, anzi un vero proprio ghigno, sornione, come di gatto che si lecca i baffi dopo aver trangugiato un piccolo e gustoso roditore. Con la flemma di chi ha ormai raggiunto l'obbiettivo, l'avvocato, con una cadenza quasi paterna, dimettendo il tono, disse: "Presidente, questa Corte si è innervosita (e parecchio) per il sol fatto che io La abbia omaggiata di cortesi saluti ripetendoli alcune volte ed io - continuò, adesso gridando ed alzando al cielo l'indice della mano destra - dovrei accettare che la sentenza che ho appellato neghi le attenuanti generiche al mio assistito, portatore di una palese deformità fisica, che reagì colpendo la vittima che lo aveva per tutta la vita fatto oggetto di scherno, dileggio, aggressioni verbali ed ogni nefandezza possa immaginarsi?".
Così disse l'avvocato; e toltosi di scatto la toga, inchinadosi impercettibilmente verso la Corte sbalordita, raccolse le sue carte e lasciò l'aula, che, di li a poco, avrebbe sentito echeggiare la lettura di un dispositivo, in riforma parziale della sentenza di primo grado.
L'avvocato, schiarendo la voce baritonale, declamò: "Illustrissimo signor presidente, eccellenze della Corte! innanzitutto vi porto i saluti della mia bella Napoli."
"La Corte la ringrazia molto illustre avvocato. Lei osserva, come sempre, la proverbiale cordialità partenopea. "
Il difensore sistemò la toga sulle spalle, cambiò posto ad alcune carte sul suo tavolo e, con elegante inflessione d'accento, proseguì: "Presidente, io porgo a Lei ed alle Eccellenze al suo fianco i saluti della mia bella Napoli!"
Il presidente, con un primo impercettibile disagio, si assestò sullo scranno, guardò fugacemente con aria interrogativa i Colleghi della Corte e disse: "Grazie avvocato, grazie. Ma ora proceda pure, la ascoltiamo".
"Grazie a lei Presidente" disse il difensore, aprendo distrattamente un codice poggiato sul banco e richiudendolo di colpo, senza aver letto nulla. Rassettò ancora un pò i fogli del suo fascicolo, poi disse: "A lei, Presidente, ai Signori della Corte, ed anche Lei signor Procuratore Generale, io mi onoro di porgere i saluti della mia bella Napoli!"
Il Presidente, tra lo stizzito, il perplesso ed il dubbioso, scambiatesi loquaci occhiate tanto con i Giudici a latere quanto con il Procuratore Generale, da ultimo chiamato in causa, disse e stavolta con tono secco: "Avvocato, abbiamo capito. Prosegua con l'illustrazione della tesi difensiva!"
Senza minimamente scomporsi, il Difensore, voltandosi fugacemente verso la platea, di cui ormai aveva saldamente calamitato l'attenzione, trasse alcuni documenti dalla sua borsa professionale e, assunta una mimica facciale assai seria, proseguì: "Mi rivolgo a questo Autorevolissimo Consesso a cui, per prima cosa, devo porgere i saluti della mia bella Napoli!"
Il Presidente saltò sulla sedia, corrugò la fronte sbalordito e, certo ormai trattarsi di un palese dileggio per i Giudici, sbottò: "Avvocato, la Corte ha capito! Io la diffido dal proseguire con il prendersi gioco di noi! Lei sta pericolosamente sfiorando l'oltraggio a Magistrati in udienza! La smetta e prosegua, ammesso cha abbia qualcos'altro da aggiungere!" I Giudici a latere ed anche il Procuratore Generale, annuivano vistosamente e mostravano, con un certo sussiego, quell'aria di superiorità che talvolta solo una toga sulle spalle può consentire.
Di contro, man mano che il Presidente parlava, si disegnò progressivamente sul volto del difensore un sorriso, anzi un vero proprio ghigno, sornione, come di gatto che si lecca i baffi dopo aver trangugiato un piccolo e gustoso roditore. Con la flemma di chi ha ormai raggiunto l'obbiettivo, l'avvocato, con una cadenza quasi paterna, dimettendo il tono, disse: "Presidente, questa Corte si è innervosita (e parecchio) per il sol fatto che io La abbia omaggiata di cortesi saluti ripetendoli alcune volte ed io - continuò, adesso gridando ed alzando al cielo l'indice della mano destra - dovrei accettare che la sentenza che ho appellato neghi le attenuanti generiche al mio assistito, portatore di una palese deformità fisica, che reagì colpendo la vittima che lo aveva per tutta la vita fatto oggetto di scherno, dileggio, aggressioni verbali ed ogni nefandezza possa immaginarsi?".
Così disse l'avvocato; e toltosi di scatto la toga, inchinadosi impercettibilmente verso la Corte sbalordita, raccolse le sue carte e lasciò l'aula, che, di li a poco, avrebbe sentito echeggiare la lettura di un dispositivo, in riforma parziale della sentenza di primo grado.
martedì 5 giugno 2007
E, dunque, domani all'alba!
Riflettevo poc'anzi sul titolo di questo blog: il ragionevole dubbio. L'istinto "avvocatile", non posso negarlo, è stato il primum movens che ha alimentato la corsa delle dita sulla tastiera; eppure, strada facendo (poca, ma c'é - che goduria! per anni ho pensato cose che, non scrivendo, ho dimenticato!) mi si è vertiginosamente ampliato l'orizzonte: ma il ragionevole dubbio è solo regola giudiziaria, o puo diventare prisma di lettura dell'agire in generale? Non lo so, ma spero che qualcuno possa, magari, contribuire.
lunedì 4 giugno 2007
...e della notte.
SATOR
AREPO
TENET
OPERA
ROTAS
AREPO
TENET
OPERA
ROTAS
Riflessioni del giorno...
Tre:
1) A costo della banalità: é sempre piacevole sentire attorno a sè "solidarietà", specie se arriva improvvisa e, quasi, inattesa.
2) Se la vostra condanna/assoluzione dipende da un precedente di giurisprudenza, sperate che non sia antecedente al 1969 (provate a trovare la sentenza C. 17.12.1966, VI, Steno).
3) Avere un amico di nome Bernardo è sempre consigliabile!!
1) A costo della banalità: é sempre piacevole sentire attorno a sè "solidarietà", specie se arriva improvvisa e, quasi, inattesa.
2) Se la vostra condanna/assoluzione dipende da un precedente di giurisprudenza, sperate che non sia antecedente al 1969 (provate a trovare la sentenza C. 17.12.1966, VI, Steno).
3) Avere un amico di nome Bernardo è sempre consigliabile!!
domenica 3 giugno 2007
Bagliori
Luce accecante,
penetra le dense caligini
del bosco
e oscura.
Trascende l'anima
nel solco di fresca terra
tagliato da spada
affilata.
Guardala!
fintanto che gli occhi
reggono l'affronto
e senti.
Essa disegna
cose nuove,
con nuove parole,
che già sai.
sabato 2 giugno 2007
2 giugno
Strano come quest'anno non mi abbiano svegliato i motori dei caccia tricolore in volo su Roma. Comunque, pur in assenza di rombo, oggi è certamente il 2 giugno. Non ho in realtà niente da dire, almeno adesso, sul punto, ma sapete certe cose vanno fatte a prescindere. In ogni caso buon 2 giugno a tutti.
venerdì 1 giugno 2007
Cap. I "Visti gli artt. 533 e 535 ..."
L'imputato sedeva a disagio sulla sedia scomoda di fronte alla Corte.
Il presidente lo arringò: "imputato, ci dica, lei sostiene di essere innocente, ma perché mai la teste oculare dovrebbe mentire?... e, soprattutto, chi ha ucciso questa povera ragazza se veramente non è stato lei?"
Il presidente lo arringò: "imputato, ci dica, lei sostiene di essere innocente, ma perché mai la teste oculare dovrebbe mentire?... e, soprattutto, chi ha ucciso questa povera ragazza se veramente non è stato lei?"
L'imputato, sentendosi addosso 16 occhi interroganti, baciato a morte dal sole che traluceva dalla tendina di un finestrone in alto, in quella surreale aula di corte d'assise, avvertì tutta l'inadeguatezza delle parole. E sì, se lo riconobbe, era a disagio! Si mosse un poco sulla sedia, quel tanto che bastava a scollargli di dosso la camicia madida, poi, dal baratro in cui si trovava (ma stranamente con voce stentorea), rivolti i suoi, di occhi, al presidente, disse: "mi condannerete, presidente, perché così avete deciso, se pensate necessaria per la mia assoluzione la risposta a domande diaboliche. Del resto, credetemi, non conosco la risposta ai vostri quesiti e, francamente, essi non hanno per me il minimo interesse. Se questo fa di me un assassino condannatemi ed io vi perdono perché agite come pensate".
Benvenuti!
Benvenuti!
O forse è meglio dire Benvenuto! visto che al momento sono il solo presente nei paraggi.
Ma, al navigatore che per caso incontrasse quest'isola nel mare magnum, dico solo questo: non è dell'uomo il potere di giudicare un altro uomo; ma poiché, per necessità, occorre farlo, che almeno lo si faccia in maniera equa!
O forse è meglio dire Benvenuto! visto che al momento sono il solo presente nei paraggi.
Ma, al navigatore che per caso incontrasse quest'isola nel mare magnum, dico solo questo: non è dell'uomo il potere di giudicare un altro uomo; ma poiché, per necessità, occorre farlo, che almeno lo si faccia in maniera equa!
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