sabato 21 luglio 2007

Cap. II "Niente Speranze"

Terribile e dura.
Così era stata quella giornata di udienza per Uranio. Si, Uranio. Questo era il nome che aveva avuto in sorte; e sempre ricordava il ghigno, quasi malefico, del padre quando guardandolo gli diceva: "potrai scordarti di me, figliolo mio? io non credo."
Intanto il sole calava lento, ma inesorabile; ed il primo accenno di frescura serale sembrava promettere il sonno, almeno per quella sera. La stanchezza avrebbe fatto il resto.
Il blindo lo condusse a sirene aspiegate (ma perché?) attraverso una città stanca, ma frenetica per il rientro a casa dove bambini, mogli o fornelli sporchi aspettavano tutte quelle formichine.
Sentiva un lieve tanfo provenire dal sedile rigido sula quale era costretto: era il sudore stantìo dei mille che prima di lui erano stati ricondotti all'ovile, dopo altrettante giornate dure e terribili di udienza. Ma in quel tanfo percepiva nettamente una pur flebile gioia; di quei pochi, anzi pochissimi tra i mille, cui la giornata aveva arriso, complice il peso sulle spalle del peritus della carezza di una moglie, del sorriso di un figlio o semplicemente della gaiezza per una malefatta andata a buon fine.
Poco tempo ci volle che il frastuono andò placandosi, sostituito lentamente dal rombo sporadico di vetture di passaggio, fino allo stridìo di quei freni accompagnato, subito dopo, dal cigolare lento e mastodontico di un enorme cancello automatico: si apre la porta e chiude fuori il resto del mondo.
Dal blindo, al passaggio, alla cella: un attimo. Le parole di saluto e le richieste di quelle ombre intorno a lui, inframmezzate da ordini stupidi gridati stupidamente da stupidi esseri. Solo questo non capiva: perché uno stupido che sa di esserlo, fuori dal contesto, non si sente più tale!
Giunse nella cella, si sedette un poco a riordinare le idee ed ebbe il tempo che volle, senza interruzioni.
"Uranio, c'ho sapete, è 'n pò matto; o devi lascià 'n pace, quanno che decide che deve da pensà. Ma che c'avrà da pensà poi? fatte 'a galera e falla finita no!"
Uranio sorrise, percependo distintamente il pensiero del compagno di cella. Chissà che faccia farebbe se sapesse che ogni suo pensiero è proiettato sul muro della cella ed è chiaramente leggibile per Uranio, quasi la pagina nitida di un libro (di un libriccino, in verità)...

Arieccolo!

E' passato molto tempo dall'ultimo post. Ma in fondo il Blog è un diario ed uno scrive quando ha tempo e se vuole. Ora mi domando: non volevo scrivere o non avevo tempo? Non lo so, ma non credo che la risposta modificherebbe la Teoria Generale di Massimi Sistemi.
In ogni caso ora ho voglia e tempo per scrivere e, dunque, scrivo.
Volevo riflettere su di una cosa: a volte (anzi la maggior parte delle volte) imposto intere porzioni della mia vita cercando di migliorare la mia posizione (economica, spirituale, sociale o semplicemente scheletrica) e nonostante gli sforzi profusi non riesco ad ottenere il risultato sperato. Altre volte invece, senza un impegno così pervicace, arrivo a traguardi insperati (o almeno credo). Allora mi domando: è per davvero tutto un caso, oppure a qualcosa l'azione serve.
Oggi mi pare di poter dire che alla base di una modificaizone esterna (quale che sia) c'è sempre un atto od una serie di atti, che la hanno prodotta. Ma il problema resta per intero: l'atto, a volte, anzi spesso, non indirizzato a quel risultato, può dirsi atto consapevole? e se non lo è, non può essere invece annoverato alla categoria dei meri fatti?
Insomma, in sintesi estrema mio nonno diceva: "Fa beni e scordati, fa mali e guardati!"