Non si può morire in Italia, non come si desidera.
Occorre morire come desiderano gli altri, anzi non tutti gli altri, ma alcuni di essi.
Ciascuno deve poter esprimere il suo pensiero, questo è un dato.
Tuttavia l'affermazione contiene un presupposto: occorre avere un pensiero da esprimere!
Ora ditemi se l'affermazione "la vita non è dell'individuo, ma della collettività" è qualcosa di lontanamente simile ad un pensiero.
Celio, naturalmente: è certamente un pensiero.
Ma è possibile che un pensiero così violento debba prevaricare la ferma mitezza di un padre che soffre; sì, ha sofferto; ma soffre ancora.
Ma tanto qui ognuno fa il cazzo che gli pare: pubblicano manifesti con piccoli e tenerissimi feti con sotto didascalie degne di Mengele e gridano alle madri mancate che sono assassine.
Ma potete fermare la vostra stoltezza e guardare la sofferenza di queste donne e di quel padre, anziché dare fiato alle vostre insulse bocche per vomitare l'odio e l'astio, figli entrambi della vostra quotidiana frustrazione?
Spegnete i riflettori: che il dolore di ognuno cammini come un bruco sul suo cuore piuttosto che diventare il vessillo di battaglie, rappresaglie e nuove inquisizioni.
Ma tanto non lo faranno! Non possono perdere il peccato; l'uomo bianco se ne avrebbe a male. E lui sì che di male ne capisce!
sabato 28 febbraio 2009
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